Ieri sera sono
andata al concerto di Steve Aoki. Il primo del suo tour, che si concluderà a
Las Vegas.
Per chi non lo conoscesse, Steve è un DJ americano di origini giapponesi, ma se vi dico così, voi probabilmente vi state immaginando uno statunitense con gli occhi a mandorla: che insulto alla sua personalità! Steve è molto di più, Steve è un secco con i capelli liscissimi lunghi fino a metà schiena, ha baffi e pizzetto e un'espressione enigmatica. È in grado di assumere sembianze intimidatorie, suscitando puro panico, quasi, con quello sguardo glaciale. Eppure proprio quello sguardo tradisce qualcosa del suo carattere.
È matto da legare. È uno schizzato,
uno fuori di testa, un pazzo che se fa un concerto a Milano non puoi non andare
a sentirlo.
Per darvi un'idea, il caro Stefano è
celebre perché lancia canotti gonfiabili sulla platea; canotti gonfiabili su
cui poi si tuffa a sua volta. Ma il suo tratto distintivo in realtà è un altro:
Steve Aoki ricopre di torta i suoi fan delle prime file.
Di conseguenza, quando un paio di
settimane fa decisi di comprare un biglietto, l'obiettivo che avevo in testa
era solo uno, ed era ricoperto di panna.
Ero ancora molto impegnata con
l'ultimo esame. «Se Steve mi colpisce con la torta, posso morire felice anche
senza laurea,» scrissi a un amico.
Un altro messaggio: «Bèa, ma lo sai
che ai suoi concerti lancia sempre le torte?» «Tu non hai capito, è il mio
scopo per la serata.»
Ieri sera sono andata al concerto di
Steve Aoki con le due persone che forse reputo le più simpatiche in assoluto.
Da un lato c'era un novellino dei
concerti, che non appena ha ritirato il suo biglietto giallo TicketOne e messo
piede all'interno del villaggio Estathè Market Sound, è entrato in adorazione
mistica. «Ma quindi questo è un vero concerto?», domandava insistentemente.
«Raga, ma se questo è un vero concerto, è bellissimo!»
Dall'altro lato c'era, al contrario,
un esperto: quello, infatti, era il suo ottavo concerto. E non ha esitato a
rimarcarlo con il piacevole ritmo di un martello pneumatico. «Ragazzi, ma
quindi stasera c'è il sorpasso? Io sono a otto, mi sa che vinco.»
Sorpasso?
Non contiamo i concerti in Piazza
Duomo, al Circo Massimo, quelli gratuiti e un po' casuali in Puglia e quelli di
band australiane, non contiamoli. Il mio passato vanta dunque un concerto; due,
adesso, con quello di Steve Aoki.
«Ragazzi, lo so: mi piace vincere
facile,» ha ammesso.
Dopo aver raccattato tutti i possibili
gadget gratuiti e varie capatine ai bagni chimici per smaltire ettolitri di
Estathè e bevande ai gusti meno invitati (ginger, per esempio), verso le undici
e venti ci avviciniamo al palco.
Steve arriva puntualissimo, alle
undici e trenta e noi, ovviamente, eravamo in ultima fila. Avevamo due
gonfiabili a forma di Estathè, delle manine di plastica, mezzo pacchetto di
patatine gusto costolette BBQ, tre zainetti e altrettanti occhiali da sole arancioni,
ma eravamo in ultima fila.
Il concerto inizia e l'apertura è una
bomba. Il pubblico invoca il suo nome, lo scandisce in sillabe, e quel secco di
Aoki fa il suo ingresso trionfale sul palco. Un boato. Tutti iniziano a
saltare, tutti spingono e in men che non si dica siamo già a metà del pubblico.
È l'esperto di concerti che ci guida, è lui che sa che vanno sfruttati proprio
questi momenti: quando la gente è in estasi stacca i piedi dal suolo, proprio
allora bisogna avanzare. O, ancora meglio, quando i trogloditi decidono di
iniziare a pogare, è necessario guadagnarsi la loro fiducia, fingersi loro
alleati e poi voltar loro le spalle come i più infingardi infiltrati. Il
novellino prende dunque il comando, ha capito come funziona il gioco e si lascia
chiaramente prendere la mano: nel giro di dieci minuti, ci si apre davanti un
varco di insulti. Come Dante e Virgilio si aggrappano ai peli di Lucifero per
raggiungere la natural burella che li condurrà alla spiaggia del Purgatorio,
così noi contorcevamo le spalle altrui per raggiungere il nostro agognato
traguardo: la terza fila.
Steve Aoki era attaccato a noi, ed era
ancora più dannatamente secco.
La terza fila fa parte del programma
di allenamento dei militari. Spintoni, calci, pugni, addominali e squat. Tutto
per una torta in faccia.
Eravamo circondati da persone con
cartelloni "CAKE ME!" Doveva colpirci, almeno di striscio.
Il primo round prevede spumante.
«Raga, ma questo è un vero concerto!
Mi ha colpito e mi bruciano gli occhi! Raga, ma questo è un vero concerto! Non
riesco ad aprire gli occhi! È bellissimo,» grida... Sapete chi.
Steve ci fa la doccia con lo spumante
e non so se fosse quello da un euro e diciannove dell'Eurospin, ma penso che
nemmeno Valentino Rossi sul podio se lo sia mai goduto così tanto.
La canzoni si susseguono una dopo
l'altra e il secco regala emozioni su emozioni.
Da Wonderwall a Celine Dion e DiCaprio
col volto di Steve Aoki sui maxi schermi. Potrebbe concludersi così e saremmo
tutti sulla luna. Poteva, ma non doveva finire lì. Mancava lei, la torta. O
meglio, loro, le torte.
Non so quante fossero, probabilmente
più di cinque, e tutte schiantate contro le prime tre file.
La lancia, la vediamo, è di fronte a
noi, atterra, splash.
CA-KE
ME! CA-KE ME! CA-KE ME!
Credo che anche la Madonnina lo stesse
cantando. Io, di sicuro, lo urlavo a squarciagola. E i miei due compagni con
me.
Boom.
Ci voltiamo, ci guardiamo: abbiamo
schizzi di panna su mani, fronte, capelli, felpa.
La panna montata di Stefano Aoki ci ha
colpiti. Gli ultimi saranno i primi: non so se sia vero, ma io so che gli
ultimi saranno in terza fila e saranno macchiati di panna.
Fa curriculum.
Esperienze lavorative? Nessuna, ma la
mia felpa rossa è sporca di torta. Allora assunta.
La gioia era ormai incommensurabile,
inenarrabile e inqualificabile, oltre che indescrivibile. Ma Steve aveva ancora
dei regali per noi.
Prima di concludere con Pursuit of
Happiness, tira fuori dal cappello magico quella canzone, la mia canzone, la canzone.
Fix You.
Con giochi di parole: la ciliegina sulla torta.
Fix You.
Steve ha fatto partire i Coldplay, ce li ha fatti godere e cantare mentre lui sventolava il tricolore in piedi sul piano della consolle. Ha steso l'arco e m'ha colpita dritta al cuore. Lo so, la sto facendo un po' troppo sentimentale, ma capitemi: Fix You è la mia canzone preferita di sempre e per sempre e Steve me l'ha fatta cantare mentre a petto nudo agitava una bandiera dell'Italia. E poi, come se dopo questa magia il pubblico non fosse disposto a tutto, il secco Stefano c'ha chiesto un favore. Ci voleva tutti seduti per terra, perché saremmo diventati parte del suo prossimo video.
Con giochi di parole: la ciliegina sulla torta.
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