MEGLIO MALE ACCOMPAGNATI CHE SOLI

La giornata non era stata semplice: ero andata allo stage, poi a un convegno di informatica - uno di quelli tenuti dal prof che ti minaccia dicendo che sarà programma d'esame, perchè quello schifo di convegno lo tiene (male) lui e sa che se non obbliga i suoi alunni a partecipare, nessuno entrerà mai in quell'aula - e poi sono andata a lezione. Pensavo che il mio giovedì si sarebbe concluso poco dopo le 18, ma mi sbagliavo.

Ho ricevuto un invito per partecipare a un evento enogastronomico: God Save The Wine, in una location suggestiva.



Il pass era per una sola persona: sarei dovuta andare da sola.

Non sapevo ancora come sarebbe stata strutturata la serata, quindi recitare la parte della forever alone non mi spaventava più di tanto. Quello che mi creava uno sbatti indicibile era invece l'idea di dover fare una figura di merda presentandomi vestita come una zingara.
Forse avrei dovuto calarmi nel personaggio e fare un'entrata trionfale gridando: «La luna nera!», ma di nero avevo solo il mio gigantesco zaino della scuola.

Avevo mezz'ora di tempo, fra la fine della lezione e l'inizio dell'evento, per trovare una soluzione. Ho cominciato a pensare a metodi di risoluzione del drammatico problema outfit, ma non ne trovavo nessuno. Ho pensato che sarebbe stato di grande aiuto se nella borsetta avessi avuto una pochette con una matita per gli occhi, un mascara e un rossetto. Ma, per dirne una, io avevo uno zaino, non una raffinata borsa. E, per dirne un'altra, io dentro ci tengo sempre una forchetta, non dei trucchi. Non chiedetemi perchè, non lo so nemmeno io di preciso. Ma se dovessi uscire dall'università e trovarmi di fronte Carlo Cracco che mi propone di assaggiare la sua ricetta del piccione? Che faccio dico di no fingendomi un'animalista? No, accetto e anzi dico che ho già la forchetta.

Insomma: non potevo nemmeno dare un aspetto decente al mio viso. Perchè è inutile dire che io al mattino non mi trucco nemmeno sotto tortura. Mi piace creare l'effetto sorpresa alla sera quando mi trasformo nella sorella transessuale della defunta Moira Orfei. Non ci sono vie di mezzo: go hard or go home.

Nella famosa mezz'ora di cui vi parlavo ho allora deciso di andare per negozi.
L'evento era nell'enoteca e nel ristorante Duomo21, quindi ho iniziato a camminare per Corso Vittorio Emanuele alla ricerca di negozi da poveri in cui trovare una giacchettina, una camicietta, qualsiasi cosa di più carino del maglione Ralph Lauren che ho ereditato dai miei fratelli e che indossavo fiera in quanto molto comodo.

Esatto: io eredito ancora i vestiti, e forse dovrei smettere.

Sono entrata da H&M e la considerazione che ho di me medesima ha ricevuto un'altra ennesima bastonata. In realtà sono partita molto convinta, perchè non è che fossi proprio senza peli, ma per i miei standard ero comunque liscia come la corteccia di un albero. Potevo prendere un vestitino!

Problema 1: ai piedi avevo le Superga;
Problema 1s: indossavo due calzini diversi, il sinistro blu con i cuoricini rosa, l'altro bianco con una riga, punta e tallone rosa evidenziatore;
Problema 1c: non avevo delle collant.

(Avere un iPhone mi sta rovinando la vita: scommetto che un utende Android avrebbe enumerato i problemi in 1, 2 e 3. Invece io no, io ho anche voluto dare al problema 1c la tipica connotazione da povero degli iPhone di plastica: non avevo i soldi per comprarmi anche delle calze da mettere sotto l'ipotetico abito.)

Dovevo optare per una magliettina, un top, una canottierina carina. Dovevo rimediare in qualche modo all'oscena T-shirt verde prato che avevo addosso. Una canottierina, ho detto? Ma dove volevo andare con una canottierina che sotto le ascelle avevo due chewbacca? Niente, raga, le ascelle me le ero dimenticate, ma giuro che sulle gambe non ero messa malissimo.

Mi sono arresa.

Mi sono recata in Via Silvio Pellico 2, per entrare. Ho subito capito che sarebbe stata una serata difficile: continuavano ad arrivare ragazze fighe piene di amiche fighe, vestite come se stessero andando al raduno delle scout mignotte; e io ero da sola e vestita come se stessi andando alla mensa dei poveri.
La coda era piuttosto lunga, e ho così avuto modo di appurare che sì, ero la peggio vestita ma avrei semplicemente dovuto apparire sicura di me. Del resto anche gli hipster sono agghindati da deficienti eppure la loro fierezza fa sì che in tanti li emulino: chissà che da giovedì io abbia lanciato la moda Superga-maglione grigio-calzini diversi-zaino della scuola.

Vi dirò la verità: dopo un paio di eventi dove ero stata trattata come una regina, non ero più abituata a stare in mezzo alla plebe. Aggiungeteci che il God Save The Wine è stato organizzato oscenamente e ci hanno stipati in un'enoteca delle dimensioni del mio zaino (quindi enormi se parliamo di lui, decisamente minuscole se riferite a lei). La gente era davvero tanta, troppa: e la maggior parte di quelle sardine avevano anche pagato 25 euro per non riuscire a muoversi in una sala che non aveva finestre nè scale accessibili in caso di emergenza. In questo caos fastidioso le persone han comunque notato che io ero da sola e diverse volte mi è stato chiesto:

«Ma tu sei venuta da sola?»

Sí, sono venuta da sola ad assaggiare i vini di tutte queste venti cantine leader nel settore e sí, prendo un calice e poi vado in un angolo a berlo da sola, non mi giudicare.
Per favore, ti prego, non volevo sembrare arrogante, sono solo molto sfigata.



Ma essere da sola ha avuto i suoi vantaggi quando ho deciso di esplorare anche il ristorante. Gli ascensori (dalla capienza di otto cristiani l'uno) erano praticamente inaccessibili: strapieni. Ho lasciato che ne passassero un paio senza salirci, finchè ne è arrivato uno pieno di cinquantenni sbronzi:
«Ma sei da sola tu?»
Ah-ah.
«Dai, sali, tu ci stai! Sei anche magrolina!»

MAGROLINA.

Sentite come suona bene questa parola? Ripetiamola ad alta voce un'altra volta, scandendo bene le sillabe:

MA-GRO-LI-NA.

Nessuno mi aveva mai detto che ero magrolina, nessuno.
Dovevo entrare in un'ascensore con uomini alticci, dopo essere andata a un open wine da sola, per sentirmi chiamare magrolina.

E ho capito due cose: dovete tutti salvare il mio numero di telefono come "Bea magrolina", modificate il "Bea tettona"; e inoltre andrò più spesso a bere calici e calici di rosso da sola.

Nota negativa? Fra i vini migliori serviti non c'era nemmeno un'azienda di Red Goon. Tutti a stappare bottiglie e nessuno che apriva il pratico rubinetto del cartone australiano.

Essendo da sola, a un certo punto ho inevitabilmente iniziato ad annoiarmi: è stato quando ho cominciato ad aiutare gli addetti alle pulizie che portavano via i piatti usati, ma forse questo non dovevo dirvelo...

Stay winey da soli o in compagnia!

Alla mia prossima avventura da stagista...

B.

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